Realizzazione sito - Beppe Petrullo                                                                                                                                                                    Articolo Scritto da Maristella  Dilettoso

 
 

 

 

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Alla festa del Beato Domenico

In attesa della santificazione pellegrini randazzesi guidati da Sindaco e Arciprete ricevuti calorosamente dalla comunità di Montecerignone

 

Stanchi, ma soddisfatti per l’esperienza vissuta, sono scesi dal pullman la notte del 13 settembre i 50 pellegrini randazzesi di ritorno da Montecerignone.  Il tour, breve ma ricco di appuntamenti, non mancando di toccare luoghi canonici della fede e della cultura, quali Assisi, la Repubblica di San Marino, Loreto, San Leo (col castello in cui finì i suoi giorni l’inquietante Cagliostro ) aveva come meta il piccolo centro delle Marche, dove riposano dal 1521 i resti mortali del beato Domenico Spadafora, insigne teologo domenicano nato a Randazzo nel 1450.

I rapporti fra le due comunità di Montecerignone e Randazzo, iniziati in sordina e poi via via intensificatisi, sono cominciati all’inizio di quest’anno, quando il parroco della chiesa di Montecerignone, nonché rettore del Santuario di S. Maria in Reclauso, il polacco don Cristoforo Bialowas, attivo e tenace al pari di un suo ben più illustre “connazionale”, si è intestato l’iniziativa di riprendere quel processo di santificazione fermo fin dal 1921, recandosi, a tale scopo, più volte in visita alla Santa Sede, rispolverando vecchie carte, atti, biografie, testimonianze, e andando di persona nei luoghi toccati in vita dal beato: Palermo, Roma, Perugina, Venezia, Parigi, ma primo fra tutti Randazzo, che gli diede i natali, dove ricevette il battesimo, dove sicuramente frequentò il convento dei domenicani, esistente allora nei pressi della casa paterna.

Se Randazzo ha riscoperto solo da breve tempo la figura di questo proprio figlio, confinata finora sugli scritti degli storici municipali, vivo ne è il culto e la memoria a Montecerignone e dintorni, nella valle del Conca si tramandano ancora episodi di santità e prodigi che hanno del leggendario, appresi dai nonni, ed attorno all’urna che, nella navata sinistra del minuscolo santuario, ne conserva le spoglie mortali, si appuntano fotografie, si scrivono nomi, messaggi, preghiere, ringraziamenti e suppliche, avvengono miracoli e guarigioni.

Nell’aprile scorso, è stato il sindaco Michele Maiani a venire in visita a Randazzo, per essere ricevuto dalle autorità cittadine, mentre nei giorni successivi le due amministrazioni provvedevano a deliberare l’atto di gemellaggio, espressione di due comunità tanto diverse per posizione geografica, storia, tradizioni, ma accomunate dalla volontà di poter un giorno celebrare insieme la santificazione di un sì illustre concittadino, dell’una per nascita, dell’altra per elezione.

L’8 e 9 maggio un gruppo di pellegrini, capeggiati da don Cristoforo, era approdato a Randazzo, per vedere da vicino il paese natale del beato Domenico, e stringere i rapporti con la comunità randazzese, rapporti suggellati da concelebrazioni e da un ricevimento nel Palazzo Municipale. In quell’occasione il sindaco di Randazzo, Salvatore Agati, accogliendo l’invito del sacerdote, aveva promesso di recarsi a Montecerignone in testa ad una comitiva di randazzesi il 12 settembre, per poter celebrare insieme la festa del beato.

È stato così che, grazie all’organizzazione impeccabile della dott.ssa Pina Cardillo, si è stilato il programma per un viaggio in pullman di quattro giorni, partito da Randazzo venerdì 10 settembre u.s., ed avente come meta principale il ridente paesino delle Marche: in 50 circa hanno aderito all’iniziativa, in testa la massima autorità religiosa di Randazzo, l’Arciprete e Vicario Foraneo Mons. Vincenzo Mancini, il sindaco prof. Salvatore Agati, il vicesindaco prof.ssa Grazia Emmanuele, alcuni assessori comunali, una rappresentanza del Consiglio, e, naturalmente, un buon numero di cittadini.

La comitiva era stata preceduta, qualche settimana prima, da un altare in pietra lavica, realizzato dallo scultore randazzese Gaetano Arrigo, e consegnato al Santuario di S. Maria in Reclauso dal sindaco Agati, venendo così incontro al desiderio manifestato da don Cristoforo in occasione della visita a Randazzo del maggio scorso, quando, durante la concelebrazione avvenuta nella basilica di S. Maria, colpito dalla peculiarità del paesaggio etneo, aveva chiesto, per le funzioni all’aperto, una mensa d’altare realizzata col materiale vulcanico della terra natia di Domenico Spadafora, una sorta di ponte ideale tra le due comunità legate dal medesimo culto, a siglarne il vincolo. L’altare, infatti, sul quale si sono svolte le celebrazioni del 12 settembre, faceva bella mostra di sé, al momento del nostro arrivo, già montato sullo spiazzo latistante al Santuario, spiazzo che ultimamente si è arricchito anche di una Via Crucis posta su blocchi di roccia, e offerta dal principe Michele, ultimo discendente degli Spadafora.

L’impatto con il Montefeltro, e con Montecerignone, è stato bellissimo: un dolce paesaggio collinare, ricco di verde, insolito per chi è abituato alla natura piena di violenti contrasti dell’Etna e dello Ionio, popolato da piccoli centri, che conservano pressoché intatte le strutture urbanistiche quattrocentesche, intimi e naturalmente cordiali, lontani dalla efficiente prosopopea delle città settentrionali. Nella mattinata dell’11 settembre la delegazione randazzese è stata ricevuta in forma ufficiale alla Rocca, dalle inalterate caratteristiche duecentesche e rinascimentali, sede un tempo del “Commissario Feretrano”, poi residenza di caccia dei duchi di Montefeltro, e attualmente del Municipio, dall’amministrazione comunale al completo, presieduta dal sindaco Davide Giorgini, che, porgendo il benvenuto a nome di tutta la cittadinanza cerignonese, in un documentato intervento si è soffermato a illustrare l’importanza rivestita dal culto del beato Spadafora non solo per Montecerignone, ma anche per i paesi circostanti, concludendo che, a prescindere dall’esito del processo di canonizzazione, “il beato Domenico per noi resterà sempre il nostro Santo”. Quindi rituale scambio di doni, e intervento del sindaco di Randazzo, con la presentazione di tutti i componenti la delegazione, in particolare l’Arciprete Mancini, che, ad onta delle sue 83 primavere, ha affrontato senza esitazioni il lungo viaggio pur di non mancare a questo importante appuntamento. Ha preso quindi la parola don Bialowas, aggiornando i presenti sugli sviluppi del processo, che in qualità di postulatore sta istruendo il domenicano padre Vito Gomez, e annunciando, fra l’altro, che prevede di rincontrare papa Giovanni Paolo II nel prossimo mese di ottobre, quando gli consegnerà una statua del beato Domenico realizzata dallo scultore Angelo Feduzzi.

La giornata di domenica 12 settembre, interamente dedicata alle funzioni per la festa del beato, è culminata con la solenne cerimonia all’aperto che si è svolta nel pomeriggio  – nonostante qualche avvisaglia di pioggia – sullo spiazzo del Santuario, dove nel frattempo erano convenuti numerosi gli abitanti dei paesi vicini, e tanti devoti e miracolati.  La concelebrazione è stata presieduta dal vescovo ucraino mons. Leone Dubrawski, alla presenza di tante autorità, del Vicario Foraneo del luogo ed esponenti del clero, dei sindaci di Montecerignone, della vicina Mercatino Conca, di Randazzo, del presidente della Comunità montana del Montefeltro, Michele Maiani, rappresentanze di Giunte e consigli comunali. Assente giustificato il principe Michele Spadafora, che ha fatto però pervenire un e-mail dalla Grecia. L’evento ha avuto anche un’eco sulla stampa nazionale, se n’è occupato Il Resto del Carlino, “Due paesi a furor di popolo: Quel frate è un vero santo”, e l’Osservatore romano dell’11 settembre, con un pezzo a firma di p. Jaroslaw Cielecki, collaboratore vaticano peraltro presente ai festeggiamenti.

 Subito dopo si è svolta la consueta processione con l’effigie del beato Domenico,  quest’anno però vi si sono aggregati i pellegrini di Randazzo, preceduti dal loro gonfalone. Quindi, tra giochi, incontri e musiche, un grande momento di aggregazione, una festa dal gusto ancora autentico, spontaneo, lontano dai canoni “consumistici”, con la banda di Montegrimano Terme che, oltre ai motivi locali, alla fine si è prodotta, in onore degli ospiti, in “Vitti ‘na crozza”, e, a sottolineare lo spirito del gemellaggio, nell’inno nazionale. Non poteva mancare, improvvisato sul posto, uno stand di prodotti enogastronomici randazzesi, formaggi, vino dell’Etna e dolci, particolarmente accetti. Per concludere in bellezza la serata, ed il viaggio, un momento di convivialità è stato offerto nel caratteristico “sotterraneo” della Rocca, ospiti  del comune di Montecerignone, a gustare  le specialità della buona cucina locale, che non disdegna d’ispirarsi alla confinante gastronomia romagnola, preparate ed imbandite dalle volenterose signore cerignonesi, e poi  tutti insieme a brindare e cantare, autorità religiose e civili, ospiti e pellegrini.

                                                                                                                                 Maristella Dilettoso